22.5.10

Benedetta.

Mi chiamo Benedetta, bevo troppi caffè e sono fastidiosamente lunatica.
Mi chiamo Benedetta, ho 25 anni, un pesciolino rosso di nome Rousseau, una voglia a forma di farfalla stilizzata sul basso ventre e cinque messaggi non letti sulla segreteria telefonica.
Mi chiamo Benedetta, e da 12 ore e trenta minuti sono senza lavoro, senza pianista, senza week-end a Parigi, senza amore da ricevere.
Ma stamattina non ha più importanza come ieri notte.
Perchè? Perchè ho un treno da prendere, e quando prendi un treno, cosi, all'improvviso, solo perchè senti che devi farlo vuol dire che accadrà qualcosa di speciale.
I treni hanno un potere strano, oltre a quello di essere dei gran ritardatari, sanno consolare.

Si, è cosi. Sanno cullare il tuo stato emotivo e conservarlo per tutto il tragitto.
Sono terapeutici se ci credi, anche solo un pò.

Mancano quarantacinque minuti e non sarò più qui.
Mi illudo che tutto quello che sento sullo stomaco domani non ci sarà più, sarà come evaporato dalla mia pelle. Ma in fondo so che non è cosi, che questo mio ottimismo evaporerà prima.
Non sono una persona ottimista, per niente. Diciamo che mi sono imposta di diventarlo.
Ho venticinque anni e da due anni sono una persona ottimista. O meglio, mi piace rinchiudermi per un pò nell'illusione dell'ottimismo e della perfezione.
Ieri notte questa bolla di sapone è scoppiata come hanno fatto le mie parole, le sue parole, la ruota della sua macchina, il nostro amore.

Ma per la prima volta non sento la necessità di piangere, sento solo quella di prendere quel treno, e costruire una nuova bolla.
Preferibilmente di plastica questa volta.

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