1.6.10

Benedetta è qualcosa di speciale se solo la si sa cullare.

Vedo la mia immagine riflessa nel treno che parte lasciandomi li, sul confine invalicabile di quella linea gialla. Resto immobile mentre i capelli volano in quel vento artificiale e ritorno bambina.
Ho nove anni, la mia mano è chiusa in quella di mia madre, la sento tremare mentre corriamo lungo un binario che non lasceremo mai. Lo stesso profumo, lo stesso suono, lo stesso cuore che batte in gola e lo stesso vuoto quando tutto si ferma e tace. Sono rimasta a terra anche questa volta ma senza mani da stringere. Cosi che mi prendo le mani e le porto intorno alla vita stringendo forte, come per bloccare le lacrime che salgono dallo stomaco sempre più forti.
"Benedetta non piangere" questo mi disse mia madre quel mattino. Ma io piansi lo stesso, in silenzio, mentre lei continuava a infilare monetine nel telefono della stazione vicino al bar. Ora quel telefono non c'è più, ma continuo a vedere la mia ombra incollata alla parete.
Avevo un vestitino rosa quel giorno e un paio di scarpe nuove che mi facevano sentire grande.
Ricordo tutto di quel giorno. Il giorno che a detta di mia madre avrebbe cambiato la nostra vita, quando invece la gettò nel baratro.
Lei tornò a Roma tre anni dopo mentre io rimasi li, con mio padre, o con quello che restava di lui.
"Questa è mia figlia". "Piacere, Benedetta" queste le parole studiate e cantilenate per dieci anni durante cene di gala e feste importanti. Solo una volta riuscii a pronunciare il mio nome cosi bene da far innamorare. Ma l'amore puro, in quelle vetrine troppo brillanti non poteva esistere davvero. Nell'illusione dell'amore perfetto divenni "l'altra" metà dell'amore. L'amante dei giorni felici, delle notti nascoste, dei silenzi e delle bugie. Per poi scappare dalla stessa ombra che mi ero creata negli anni. Si, Benedetta non è cosi com'è apparsa, Benedetta è qualcosa di speciale se solo la si sa cullare.
Apro gli occhi e ritorno nella confusione di questo destino deciso stamattina ma non più perseguibile.
Vorrei sparire mentre occhi indiscreti si accalcano sul mio corpo cercando di disegnarsi nella mente la mia vita. Abbasso lo sguardo, come se potessi diventare trasparente e perdermi in quel via vai di corpi del lunedi mattina. Un ragazzo, sul binario opposto, continua a fissarmi e vorrei urlargli contro tutta la mia rabbia ma non riesco a pronunciare una sola parola. Mi volto e con i suoi occhi puntati alla schiena mi allontano. Ho bisogno di un caffè.

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